Dopo il risultato delle urne, è il momento della resa dei conti all’interno della Lega. Alle 15 di martedì 27 settembre è stato convocato il consiglio federale, a 48 ore dal voto che ha sancito la vittoria di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia e il pesante ridimensionamento del Carroccio, fermo all’8,7%.
Il leader leghista Matteo Salvini non ha fatto passi indietro, anzi, ha dichiarato subito di voler andare avanti e lavorare per 5 anni di governo di centrodestra, ma all’interno del movimento ci sono malumori e mal di pancia nemmeno troppo nascosti.
Ha cominciato il governatore della Regione Veneto Luca Zaia citando Rousseau (“’il popolo ti delega a rappresentarlo, quando non lo rappresenti più ti toglie la delega”), ha proseguito l’ex segretario provinciale di Varese Matteo Bianchi, parlamentare uscente non rieletto dopo essere stato candidato a sindaco della Città Giardino poco più di un anno fa, indirizzando critiche molto pesanti sulla gestione del partito e sulle ragioni del risultato elettorale: “Le avvisaglie c’erano tutte – ha scritto Matteo Bianchi (qui il testo completo) -: destrutturazione del partito sui territori, abbandono frettoloso dei temi sui quali la Lega è nata e cresciuta per andare in cerca di un facile consenso a latitudini in cui l’alta volatilità del voto è da sempre cosa nota; non ultimo, la selezione dei candidati eleggibili in Parlamento in base a logiche di vicinanza e accondiscendenza verso i piani alti, senza riguardo per la base e per il suo legittimo desiderio di mandare a Roma persone che siano realmente rappresentative del proprio territorio. Ecco alcune delle ragioni profonde del disastro elettorale della Lega”.
Ad aggiungere carne al fuoco ci hanno pensato due volti noti della Lega del Varesotto, l’ex ministro dell’Interno ed ex segretario nazionale del partito Roberto Maroni e l’ex presidente della provincia di Varese ed ex capogruppo alla Camera dell’allora Lega Nord Marco Reguzzoni.
Maroni, nella sua rubrica su Il Foglio “Barbari Foglianti” ha parlato di “vittoria netta del centrodestra” contro la “pochezza del centrosinistra e dei suoi argomenti”, di una Giorgia Meloni “che ce la farà di sicuro a diventare premier” e con a disposizione un “quorum sufficiente a fare da sola nomine importanti” ma di quello che ha scritto Roberto Maroni nella sua rubrica sul quotidiano Il Foglio a commento del risultato elettorale faranno discutere le ultime righe dedicate al suo partito, la Lega. L’ex segretario del Carroccio si limita a poche frasi ma che di sicuro avranno un peso: “Ora si parla di un congresso straordinario della Lega. Ci vuole. Io saprei chi eleggere come nuovo segretario. Ma, per adesso, non faccio nomi“.
Reguzzoni, che ricorda di essere fuori dalla politica attiva e dalle segreterie di partito, in un’intervista comparsa su “La Nuova Padania” non fa sconti a chi ha guidato la Lega al risultato uscito dalle urne: “A Varese la Lega è stata superata da Azione di Calenda ed è solo il quarto partito. Prima ci sono Fratelli d’Italia, Pd, Azione… Questa Lega ha abbandonato la sua storia, ha abdicato a favore di altro. E’ tornata alle ideologie, alla contrapposizione destra-sinistra. Un errore madornale”. E, rimpiangendo la lungimiranza di Umberto Bossi e dei tempi nei quali la sua Lega portava a casa il 70% dei consensi in provincia di Varese, rincara la dose: “La vera contrapposizione è Nord-Sud. Il voto ci dice che non si vince facendo credere che ci sia una contrapposizione destra-sinistra, perché il tempo delle ideologie è finito. Ci dice che è anche fallimentare riproporlo. Non si può barattare l’autonomia, la libertà dei territori, la libertà d’impresa e dei Comuni virtuosi per parlare solo di immigrazione e barconi. La Lega non è nata per questo. È nata per realizzare un progetto sociale, economico, culturale, rispettoso delle diversità, ma a tutela dei diritti delle identità del Nord. E in Europa, convintamente in Europa. Non un giorno fuori e l’altro dentro dall’euro”.