Pietro Reina nato a Varese, 67 anni, geometra, tra i fondatori del primo nucleo della Lega Lombarda a Varese nel 1986, replica alle parole del senatore Stefano Candiani dopo il voto del 25 settembre

CARO STEFANO,
non è mia abitudine sbandierare pubblicamente i problemi della Lega, soprattutto quando i tempi ci colgono in difficoltà.
Tuttavia, dopo aver letto su Varesenews la tua intervista e conscio della gravità del momento, mi sono sentito in dovere di farlo, se non altro per ripristinare quel buon senso comune che ci ha da sempre contraddistinto e che però non ritrovo nelle parole della tua intervista.

In buona sostanza, tu affermi che la Lega si è sacrificata per il bene dell’Italia e della coalizione di appartenenza per sostenere il Governo Draghi e che quindi Salvini non si deve dimettere. Tesi, la tua, molto “personale”, anche perché, dopo una simile batosta, è d’uso, alle nostre latitudini e da parte di qualsiasi segretario di partito, quantomeno porre sul tavolo le proprie dimissioni e dare voce alla base.

Non sono assolutamente d’accordo, come tu affermi, che i problemi del Movimento siano nati dalla collaborazione con Draghi.
La riduzione dei consensi nell’opinione pubblica del Nord è iniziata da quando il Segretario ha volutamente dimenticato l’obiettivo per cui la Lega è stata fondata: autonomia e federalismo del Nord. Non ho più sentito Salvini, dagli anni del governo  giallo-verde in poi, parlare di autonomie e federalismo. Non ho più visto Salvini indire riunioni, dibattiti, conferenze sugli svariati temi e problemi della nostra società.

Da tempo immemorabile non ha più indetto un congresso, il che gli ha permesso di decidere da solo sia la strategia politica sia di stravolgere gli obiettivi di fondo della Lega. Non ti suggerisce proprio niente il fatto che anche il nome della nostra radio è stato radicalmente modificato: da “Radio Padania Libera” ad un banale “Radio Libertà”?

Per inciso, ricordo molto bene e lo ricorderai anche tu che sei nell’agone politico, che sprecammo un’occasione d’oro nell’ormai lontano governo giallo-verde, quando la povera Erika Stefani, ministra per gli affar regionali e per le autonomie, in occasione del dibattito parlamentare sul federalismo, fu letteralmente lasciata sola, soprattutto dal segretario Salvini che non mosse un dito in suo aiuto.

In sintesi: grazie a Salvini,
– ci siam o giocati gran parte dell’elettorato delle nostre Terre;
– abbiamo un Partito (non un Movimento) che non è ne carne ne pesce per la semplice ragione che non si sa ne dove stia andando ne quali siano i suoi obiettivi di fondo;
– nella formazione del nuovo governo, visti i numeri, dovremo accontentarci di “quello che passa il convento”;
– il risultato delle prossime elezioni regionali in Lombardia è fortemente a rischio.

Comunque caro Stefano, non ti angosciare più di tanto; il nostro Segretario ha dato prova di non aver bisogno di una difesa d’ufficio: nella conferenza stampa del dopo-elezioni ha tenuto a precisare con la solita “sicumera” che gli è propria, che si prende tutte le responsabilità della sconfitta, ma che non ci pensa proprio a dimettersi.

Quanto al congresso, lo indirà, ma a tempo debito, quando gli farà comodo.

Pietro Reina – Varese